Il manuale dell’ “Imperfetto Ironman”, i ladri di biciclette e il cioccolato di Modica.

Il manuale dell’ “Imperfetto Ironman”, i ladri di biciclette e il cioccolato di Modica.

EVANGELISTA BASILE CI RACCONTA L’ESPERIENZA DEL SUO PRIMO IRONMAN

Il 20 settembre scorso ho concluso da finisher la mia prima gara Ironman a cui fino ad appena due mesi prima neppure avevo ipotizzato di partecipare. Sì, proprio così: una follia!

Vi spiego com’è andata. Due anni fa avevo tentato di preparare una gara Ironman con mia moglie Serena, ma i risultati erano stati disastrosi. A due mesi dalla competizione un grave infortunio mi ha bloccato per un anno intero, mettendo a rischio addirittura la possibilità di poter continuare a praticare un qualunque sport.

Solo Serena aveva continuato a credere nella mia possibilità di tornare a fare sport e a gareggiare; e come spesso accade aveva ragione lei. Ho ripreso a praticare dapprima i miei amati sport d’acqua e poi anche il triathlon. Sempre però facendo attenzione a “gestire” i rischi di una recidiva nell’infortunio, per cui l’idea di tentare di nuovo una gara super-lunga non mi passava neanche per l’anticamera del cervello. Ovviamente così non era per Serena che – da veneta battagliera – mi ha sempre incoraggiato a riprovarci.

Perciò, a inizio anno decido di iscrivermi all’Ironman di Cervia di settembre, pensando che 9 mesi potevano essere sufficienti per preparare con calma la gara senza forzare la preparazione. Infatti, pronti attenti via e … a fine febbraio ho una recidiva sulla mia precedente lesione, che mi costringe a interrompere gli allenamenti per tre mesi. Alla gara quindi non penso più, decido di rinviarla al 2026 o lasciar perdere del tutto.

A fine aprile il dolore “stronzo” – come l’ho ribattezzato per esorcizzarlo – se ne va all’improvviso, così come era arrivato. Non mi ha lasciato il tempo di capire cosa avessi sbagliato nella preparazione o cosa avessi fatto di giusto per farlo andar via. Ma certamente della sua improvvisa scomparsa non mi sono addolorato.

Faccio subito arrabbiare il mio fisioterapista e a inizio maggio – senza alcuna preparazione a causa della sosta forzata – partecipo al triathlon Medio di Tirrenia: una scommessa vinta con mia figlia, che stava attraversando un momento particolare. Volevo farle capire che la preparazione conta, ma testa, volontà e cuore sono ancor più determinanti nello sport (e nella vita). Ho certamente rischiato grosso con quell’azzardo, ma sono fermamente convinto che i figli siano più recettivi rispetto a ciò che un genitore fa, rispetto a ciò che dice.

Poi segue qualche gara su distanza olimpica e sprint fino a metà luglio, quando gareggio a Suviana e decido di staccare la spina in estate per riposarmi e dedicarmi – finalmente – al windsurf e al wingfoil.

E tuttavia accade un fatto strano. Mentre mi trovavo al lavoro nel mio studio a Milano, l’IPhone mi manda un alert: non ho ancora annullato e rinviato la mia partecipazione alla Ironman di settembre e devo farlo entro i 30 giorni successivi per non perdere la possibilità del deferral. Decido di farlo con calma nel fine settimana. Ma il sabato trovo al mare un mio amico di Bologna appassionato di Spartan Race che mi chiede di fargli compagnia in un lungo di corsa a fondo lento. Effettivamente il suo fondo lento per me è molto lento e, avvolti in una bellissima cornice di pineta marittima, corro per due ore senza neanche accorgermi del tempo trascorso. Non avevo mai coperto distanze del genere in vita mia. Torno a casa soddisfatto, rilassato e per nulla stanco. Commento la sgambata con Serena la quale mi fa notare come il passo (molto lento) tenuto a corsa sia proprio quello dell’Ironman.

Quella frase mi frulla più volte in testa e penso: se ci provassi avrei circa due mesi per prepararmi, oltretutto con le vacanze estive in mezzo da poter sfruttare. Potrei fare qualche allenamento lungo e migliorare il mio stato di forma complessivo grazie al windsurf e al wingfoil.

Mi auto-convinco di provarci e le prime due settimane di allenamento vanno via lisce. Poi accade l’imprevisto che proprio non ti aspetti. Partiamo per le nostre vacanze surfistiche in Grecia e al quarto giorno di vacanza ignoti ladri di biciclette rubano a me e a Serena le nostre gravel. Già preparare un Ironman con la gravel non era il massimo, ma senza bicicletta … la vedo ancora più buia. La rabbia iniziale per il furto lascia spazio alla rassegnazione e poi – da ultimo – a una sensazione di sollievo: vabbè, mi sono detto, non devo allenarmi e posso dedicarmi al mio amato windsurf.

Però questo episodio suonava nella mia testa come “alibi”; e a me gli alibi non sono mai piaciuti. Nella traversata in traghetto dal Pireo all’isola di Naxos scruto il mare per ore. Lo fisso, con accanto il mio cane Luke, che mi vede pensieroso e quindi mi si accuccia ancora più vicino. Poi cala la notte sulla traversata e il mare non si vede più, si ascolta. Sempre con un pensiero in testa: ma perché devono essere dei ladri di biciclette a decidere se devo fare o non fare l’ironman ? La decisione la prendo io e non posso incolpare altri.

Vado da Serena e le dico che a Naxos cercherò una bici qualunque a noleggio, anche una graziella, ma voglio provare comunque a fare la gara. Serena non aspettava altro, anche perché lei non molla mai.

Troviamo due biciclette MTB in alluminio a noleggio, tanto pesanti che quasi non riusciamo a caricarle sul furgone. Ma le due “pesantone” vanno, sono stabili e divertenti sugli sterrati dell’isola. La velocità è un dettaglio, le watt non so cosa siano e mi ripeto che conta la testa, come avevo insegnato a mia figlia. E allora alleno la testa in mare con il windsurf e il wingfoil, convinto che l’essere fit – in forma – conti più di tante altre cose. Certo, ero – e sono – consapevole che preparare un Ironman praticando windsurf/wingfoil e uscendo in mountain bike non era consigliato nei manuali del triathlon, ma avendo solo l’ambizione di finire la gara senza ambizione di tempi (e soprattutto non avendo scelta) volevo provarci.

Tornato dalla Grecia, avevo ancora una settimana per allenarmi e poi avrei dovuto recuperare negli ultimi quindici giorni per essere fresco il giorno della gara. Giusto il tempo di due lunghi: uno in bici e uno a corsa. Li sfrutto anche per provare l’alimentazione e l’idratazione: un disastro. Nelle due prove non sono riuscito né a bere a sufficienza, né a mangiare quel che mi ero portato in bici.

Insomma, arrivo al giorno della gara dopo aver fatto tutto quello che uno scrupoloso triatleta non dovrebbe fare nella preparazione di un Ironman. E perciò due giorni prima decido di concludere in bellezza l’ultimo capitolo del mio manuale dell’imperfetto Ironman: mi compro delle scarpe nuove da corsa e anche da bicicletta e decido di “incignarle” direttamente in gara, perché le vecchie si erano nel frattempo sfondate. Un capolavoro.

La sera prima della gara mi avvio in zona cambio a sistemare la bici e i miei “colleghi “gareggianti non mi aiutano psicologicamente con le loro chiacchiere pre-gara. Sento parlare di watt, di integratori miracolosi, di combinati da 8 o 9 ore. E realizzo in quel momento di avere una preparazione assolutamente inadeguata. La notte quindi non scorre tanto serena, anzi non scorre proprio: diciamo che non chiudo occhio. Poi però al mattino presto passeggio rintontito verso la zona di transizione e respiro l’aria fresca dell’alba adriatica, col sole che sorge in mare dove noi livornesi siamo invece soliti vederlo calare.

Start: nuoto, pedalo e corro col sorriso per 11h e 28’ circa. Tutto bello, tranne gli ultimi 20 km della maratona, rovinati da un fastidioso mal di stomaco e da potente nausea che mi costringono a rallentare molto. Ma sapevo che alla mia prima esperienza Ironman avrei dovuto mettere in conto qualche errore (partito troppo forte a corsa e certamente insufficiente idratazione) e qualche imprevisto.

E allora – direte voi – cosa c’entra il cioccolato di Modica?

Beh, da tempo ero stato incaricato di tenere un convegno a Modica in Sicilia due giorni dopo la gara Ironman di Cervia. Quindi sapevo di dover partire in aereo per la Sicilia due giorni dopo la gara. Nel corso della maratona trovo davanti a me proprio un triatleta di Modica: lo capisco dal body.

Decido di mettermi al suo passo, lo seguo in scia con l’idea di lì a poco di affiancarlo per fare due chiacchiere e dirgli che tra qualche giorno ci saremmo potuti vedere nella sua città e magari goderci l’ottimo cioccolato delle sue terre per festeggiare la finish line. Invece, non faccio in tempo a rivolgergli parola, perché proprio in quel momento mi assale la nausea e l’atleta di Modica se ne va, mi stacca allontanandosi mentre io rallento la corsa. Niente chiacchiere quindi.

Ora, mentre scrivo questi brevi ricordi sono a Modica. L’idea di festeggiare col cioccolato il mio traguardo non è tramontata. In una gelateria di Marina di Modica chiedo un cono con due gusti: cioccolato di Modica e ricotta di pecora. Non è buono, è spaziale: e penso che se me lo avessero offerto al ristoro del ventesimo chilometro della maratona, il mal di stomaco non mi sarebbe mai venuto.

Al prossimo Ironman – al posto delle barrette – solo cioccolato di Modica!

Serena Rossi